È un problema che affligge le donne dopo i 50 anni, ma si può risolvere con cure mirate (e superando l’imbarazzo). Ecco le novità e i consigli di due autorevoli ginecologhe per ritrovare l’intesa con il partner.
L’intimità di coppia è messa a dura prova in menopausa. Sono infatti circa 7 milioni di italiane che, verso i 50 anni o poco più, hanno una vita sessuale problematica per colpa della secchezza vaginale o atrofia vulvo-vaginale. Le cause? Il calo degli estrogeni che riduce la lubrificazione delle mucose vaginali e che rende dolorosi e a volte impossibili i rapporti sessuali. Spesso accettata come conseguenza del naturale invecchiamento, la secchezza vaginale è sotto diagnosticata, poco conosciuta e mal trattata. Ma i rimedi, efficaci e ben tollerati, oggi ci sono. Tra cui l’ultima nata: una terapia orale non ormonale, utilizzabile anche da donne operate di tumore al seno.
Un problema diffuso, ma sottovalutato. I sintomi della secchezza vaginale le donne italiane li conoscono bene: bruciore, perdite vaginali biancastre e a volte ‘odorose’; desiderio di fare frequentemente pipì con possibili infezioni come cistiti anche ricorrenti; scarsa lubrificazione e soprattutto dolore alla penetrazione. Con un’ implicita conseguenza: il rifiuto di avere rapporto con il partner, nel 69% dei casi; il calo del desiderio sessuale e un impatto importante sulla qualità della vita.
“Nel 74% delle donne, la secchezza incide sulla capacità di avere rapporti sessuali piacevoli e nel 70% sulla sensazione di spontaneità sessuale” commenta Rossella Nappi, Professore Associato della Clinica Ostetrica & Ginecologica, IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. Così hanno dichiarato le 1000 donne italiane tra i 45-75 anni che hanno aderito allo studio Eu Revive, condotto in 4 Paesi europei, a discapito della felicità della coppia e del partner.
COSA FARE PER RISOLVERE BRUCIORI E FASTIDI
Parlarne con franchezza al proprio medico curante, superando il normale imbarazzo, per farsi consigliare una terapia ad hoc. Spesso, le donne italiane non vanno dal ginecologo perché non amano le terapie ormonali per i possibili rischi sulla salute, compresa l’ insorgenza di tumori a seno, utero, ovaie. Gli studi, invece, dimostrano che sono in grado di risolvere fino all’85% i casi di secchezza e atrofia genitale. Inoltre, se la cura è iniziata subito dopo la scomparsa del ciclo è ancora più efficace. “Si può ricorrere ad estrogeni locali – spiega Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati di Milano – come l’estriolo, che può essere usato per anni (è molto più leggero dell’estradiolo), il promestriene, gli estrogeni coniugati, oppure pomate galeniche, preparate cioè su prescrizione medica, di testosterone locale se vi è anche un coinvolgimento dei genitali esterni secchi».
Per chi preferisce le terapie non ormonali, la scelta è ampia: «Ci sono l’acido ialuronico vaginale – continua Graziottin – che ha un’eccellente azione riparativa e antiossidante; il gel al colostro ad effetto riparativo, grazie ai suoi fattori nutritivi; il laser vaginale, efficace ma molto più costoso o creme fitoterapiche, che non hanno l’impatto terapeutico degli ormoni».Purtroppo, queste soluzioni da introdurre in vagina, sono reputate scomode dal 39% di donne e soprattutto non piacciono agli uomini, che le trovano impiastriccianti e dall’aspetto e dal gusto spiacevoli.
Ora c’è anche una nuova pillola, senza ormoni, che combatte la secchezza vaginale. Approvata dal Food and Drug Administration americana lo scorso anno (FDA) e ora anche dall’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) promette di curare l’atrofia vulvare e vaginale (VVA) causata dalla menopausa. Questa pillola contiene l’ospemifene: un modulatore selettivo del recettore degli estrogeni (SERM, Selective Estrogen Receptor Modulator), che pur non essendo un ormone agisce in modo simile sull’epitelio della vagina, contrastando le cause della secchezza. Inoltre, questo farmaco ha il vantaggio di essere tollerato e sicuro (esclusa l’assenza di crescita della mucosa endometriale e di rischio trombotico), come dimostrato da svariati studi scientifici. «Ospemifene – precisa Alessandra Graziottin – può essere usato anche dalle donne con tumore al seno perché è in grado, a seconda dell’organo e del tessuto, di bloccare i recettori estrogenici, per esempio a livello della mammella, oppure di stimolare i recettori estrogenici a livello di tutti i tessuti vaginali, dando così un buono stimolo alla salute dei tessuti e alla loro lubrificazione». «Dopo 12 settimane di trattamento con ospemifene 60 mg/die – conclude la Nappi – la sintomatologia era passata da una condizione moderata-severa a una lieve-moderata, sia per la secchezza vaginale sia per il dolore durante i rapporti, grazie a un ispessimento della mucosa». La pillola va presa una volta al giorno: è un farmaco in classe C, disponibile su prescrizione medica, da rinnovare di volta in volta.
Testo di Francesca Morelli